28 giugno 2010

AMBITO DI INTERVENTO >> PERsona: PER chi - PERché >> FEMMINICIDE 1

“Una ogni tre donne nel mondo subisce maltrattamenti nel suo ambiente familiare, situazione che colpisce, in maggiore o minore misura, tutti i paesi senza eccezione, secondo dati del Fondo delle Nazioni Unite per la Donna (UNIFEM). Una ogni tre donne nel mondo sarà violentata, aggredita, forzata ad avere relazioni sessuali o sarà maltrattata altrimenti durante la sua vita [...] La violenza distrugge non solo le vite delle donne, bensì il potenziale che si potrebbe avere in esse. Ciò provoca gravi perdite ed arretramento nelle loro stesse comunità”.
Noeleen Heyze, Direttrice Esecutiva di UNIFEM

Nel 1992 l’ONU include la violenza nella sua definizione di discriminazione in base al sesso e, l’anno successivo, la conferenza mondiale sui diritti umani sancisce i diritti delle donne come diritti fondamentali. Nel ’97 la lobby europea delle donne crea l’Osservatorio europeo e il Centro europeo di azione politica in materia di violenza contro le donne e nel ‘99, finalmente, la Commissione Europea promuove una campagna su scala internazionale contro la violenza domestica.
A tal proposito è opportuno sottolineare che la maggior parte delle – se non tutte le - campagne di sensibilizzazione sulla violenza contro le donne non sono, come molti sono portati a credere, unicamente rivolte a coloro che commettono tale violenza. Esse sono anzi principalmente rivolte a quanti quella violenza, pur non commettendola, non la riconoscono né la denunciano, né pertanto la combattono.

Che cos'è il femminicidio?
E’ ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna “in quanto donna”. E’ la violenza di genere in ogni sua forma. E’ l’esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna affinché il suo comportamento risponda alle aspettative dell’uomo e della società patriarcale.
Questa forma di controllo annienta l’identità della donna, assoggettandola fisicamente e/o psicologicamente, economicamente, giuridicamente, politicamente, socialmente.
Il femminicidio e’ la punizione quotidiana per ogni donna che non accetta di ricoprire il proprio ruolo sociale, è il principale ostacolo alla autodeterminazione e al godimento dei diritti fondamentali di più di metà della popolazione mondiale. Il femminicidio attraversa ogni epoca, ogni cultura, ogni luogo.
Come ha sostenuto Bordieu, il dominio maschile sulle donne è la più antica e persistente forma di oppressione esistente.
Il femminicidio viola i diritti umani di metà della popolazione mondiale, spesso con la connivenza istituzionale.

Your body is a battleground, Barbara Kruger

No one will keep us from seeing, campagna Amnesty International per il Pakistan

ABUSE The Truth Hurts. Violence Against Women and Children,
campagna Ernestine's Women's Shelter, Toronto

Le donne di tutto il mondo negli ultimi due secoli hanno intrapreso con forza un percorso politico e giuridico volto all’affermazione che i diritti delle donne sono diritti umani.
Ad oggi, vi è una consapevolezza diffusa di tale principio, che è stato assunto come fondante sia dagli organismi internazionali sia da numerosi stati, che si sono impegnati ad attuarlo in concreto ratificando la CEDAW e/o le varie Convenzioni regionali che affermano i diritti fondamentali delle donne.
Tuttavia, nonostante la consapevolezza diffusa del fatto che la donna sia una Persona, e dunque, alla pari dell’uomo, portatrice di una sfera di dignità, di libertà, di integrità psico-fisica inviolabile, e nonostante tale principio sia stato giuridicamente codificato, assistiamo a palesi violazioni dei diritti umani delle donne in tutto il mondo, per il solo fatto di essere donne.
In tutto il mondo, la prima causa di morte per le donne è il femminicidio.
In tutto il mondo, anche nei Paesi laddove i principi della CEDAW sono stati declinati in una normativa interna “di pari opportunità”, di fatto la donna viene ancora discriminata ed è soggetta a violenza quotidiana. L’Italia ne è un esempio significativo (vedasi le Raccomandazioni del Comitato per l’applicazione della CEDAW).
Il perché della persistenza e della pervasività delle discriminazioni e violenze di genere, si rinviene in un fattore comune: la persistenza e la pervasività di una mentalità patriarcale, che attraversa tutte le culture, ed è volta al controllo della donna come “risorsa creativa”, come “fattrice”, e dunque come perno della famiglia e della società stessa.
Fino a quando, in nome della religione o in nome del bene superiore della collettività, gli Stati sacrificheranno la libertà e l’autodeterminazione della donna alla tutela della “morale” e della “famiglia”, alla protezione della donna in funzione del suo ruolo sociale di madre e moglie, i diritti fondamentali delle donne continueranno ad essere calpestati.
Gli Stati che hanno ratificato la CEDAW e le altre carte regionali, si sono assunti un obbligo ben preciso: adoperarsi affinché le donne abbiano cittadinanza, ovvero affinché possano in concreto godere dei loro diritti fondamentali. Il che implica per lo Stato l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni discriminatorie non solo attraverso modifiche normative ma anche e soprattutto promuovendo un cambiamento culturale, riconoscendo che la libertà di scelta della donna, la sua integrità psico-fisica, sono valori assoluti, che vanno riconosciuti senza compromessi.
Dove vi è una connivenza istituzionale al machismo, alla misoginia, a patriarcato, vi è una responsabilità di Stato.

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